Il gatto norvegese, una storia tra mito e leggenda

Tanti secoli fa vivevano dei gatti molto grandi in Norvegia …

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Blue Lynx Gael Monfils

Grande, calmo, affettuso, intelligente, nobile e giocherellone allo stesso tempo: il gatto norvegese ha un look ed un carattere irresistibile.

Ma quale è l’origine di questo “gigante buono” ? Da quali terre proviene ?

La sua storia è strettamente legata al popolo dei Vichinghi. Nel corso dei secoli numerosi racconti e leggende avevano evocato in Scandinavia la presenza di grandi gatti: bianchi erano ad esempio i gatti che tiravano il carro di Freya, la dea della fertilità e dell’amore; una leggenda norrena narra che Thor, il potente dio del tuono, non fu in grado di sollevare uno di quei gatti, talmente questo era pesante. Altri gatti mitici, come il “gatto-fata” dalla lunga coda folta, eredi dei primi gatti leggendari, appaiono in diverse storie scandinave scritte per bambini nel XIX secolo. E nei racconti popolari, il termine Skogkatt, che significa “gatto dei boschi”, è più volte menzionato come un gatto ninfa con una grande coda folta: un “gatto – troll”, una sorta di genio della casa.

E’ probabile che l’arrivo in epoca preistorica di gatti a pelo corto venuti dall’Europa del Sud fosse all’origine della razza, con una selezione di individui capaci di sviluppare un manto folto tale da resistere al rigoroso clima della Norvegia.

Gli antenati del gatto delle foreste norvegesi sarebbero nati sulle rive del Mar Caspio tanto tempo fa e sarebbero arrivati ​​nei paesi scandinavi attorno al VII secolo, dove probabilmente cominciarono a vivere con i Vichinghi, come testimoniano resti trovati nelle tombe di questi grandi viaggiatori. Alcuni sostengono che i Vichinghi li avrebbe portati dall’Asia Minore a cacciare i topi che infestavano le loro lunghe navi, altri credono che furono introdotti da altre tribù dell’Europa centrale o dell’Asia, che si erano tarsferite in Scandinavia prima del Medioevo.

Si narra che il navigatore Leiv Eiriksson, figlio di Erik il rosso,  avrebbe scoperto questi gatti durante una battuta di caccia con il falco insieme al re Olav (che regnò dal 995 al 1000). All’improvviso Leif notò qualcosa. “In nome del cielo ! Che animali sono questi tra gli alberi ?” domandò lui. “ Dei gatti delle foreste” rispose il re. Leiv disse che non poteva trattarsi di gatti per il modo in cui scendevano a spirale dai tronchi degli alberi. Il re rispose che questi gatti erano stati spesso visti nelle foreste norvegesi e che il motivo per cui erano così agili era che possedevano un’unghia in più, e che alcuni dicevano che fossero il risultato di un incrocio tra lo scoiattolo e la lince.
“Prendetemene alcuni, affinché io possa portarli in Groenlandia con me” disse Leiv, che li voleva come gatti sulle navi ed il re promise di procurargliene alcuni, in segno di amicizia. Così li mise sulle sue navi vichinghe al fine di proteggere il cibo da ratti e topi. Il navigatore norvegese ed i vichinghi erano infatti in partenza per un lungo viaggio, che dopo tre o quattro mesi li avrebbe portati dall’altra parte dell’oceano, in America, dove sarebbero sbarcati nell’anno 1002.

Un prete danese che viveva in Norvegia negli anni 1550, Peter Clausson Friis, e che si interessava molto alla flora e alla fauna locale aveva suddiviso la lince norvegese in tre classi:

  • la “volpe-lince”,
  • il “lupo- lince”,
  • il “gatto-lince”.

Più tardi si chiarì che quello che era chiamato da Peter Clausson Friis “gatto-lince” era semplicemente un gatto delle foreste norvegesi. La sua somiglianza fisica con la lince (grandezza, collaretta, ciuffetti sulle orecchie) era inoltre confortata dalla sua abilità a catturare i pesci nei laghi e nei ruscelli … proprio come la lince.

Divenuto per forza di cose un gatto nordico, il norvegese si adattò naturalmente ad un ambiente piuttosto duro. Così lo Skogkatt ha infoltito il proprio pelo per ricoprirsi con un manto morbido impermeabile in grado di proteggerlo sia della pioggia, che dalla neve, costituito da un sottopelo lanoso e da un rivestimento esterno lungo e impermeabile. Il suo pelo non ha nulla a che vedere con quello del gatto selvatico europeo, ma piuttosto assomiglia a quello dell’orso polare e della volpe.

Dovendo cacciare per sopravvivere, il norvegese è diventato un eccellente atleta ed ha guadagnato in termini di dimensioni dei muscoli per rimanere in vita. Si dice che le colorazioni del mantello si siano sviluppate seguendo le differenti regioni della Norvegia per celarsi meglio nel paesaggio.

La gente del paese aveva notato questo gatto robusto che non aveva affatto paura di avvicinarsi alla fattoria per ripararsi nelle stalle, che liberavano da ratti e topi. Ma nel corso degli anni, i gatti norvegesi sono stati incrociati con gatti di casa, cosa che ha in qualche modo alterato le loro caratteristiche originali.

Nel 1912, l’autore norvegese Gabriel Scott scrisse un libro per bambini il cui personaggio principale è proprio un gatto norvegese chiamato Solvfaks, tuttora uno dei libri più importanti della letteratura per i ragazzi norvegesi.

Intorno al 1930 gli allevatori scandinavi decisero di interessarsi di questo gatto indigeno. Così ne iniziarono l’allevamento al fine di salvaguardare la sua originalità. Seguendo un lavoro metodico, gli allevatori selezionarono i loro soggetti per morfologia e per il bell’aspetto, preservando questa razza naturale, minacciata da vari incroci non controllati con gatti a pelo corto. Fu il bel maschio di Pan Truls dell’allevamento della signora Nylund, a venir preso come modello per lo standard ufficiale del gatto norvegese, essendo il primo norvegese delle foreste a ricevere un pedigree dalla Federazione Internazionale Felina. Nel settembre del 1972 la razza viene riconosciuta dalle società norvegesi e viene istituito un primo standard. Nel dicembre 1975 viene creato il Norsk Skogkattring, il club che ha dato nuovo impulso alla razza. La Federazione Internazionale Felina (FIFe) ha riconosciuto il norvegese nel 1977 e gli ha dato il suo primo standard ufficiale, poi cambiato per evitare confusione con il Maine Coon.

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